TERRITORI DA CUCIRE 2019
Direzione artistica e organizzazione Teatro delle Ariette
TERRITORI DA CUCIRE è il teatro che va incontro ai cittadini, nei luoghi della vita e dell'aggregazione sociale, fuori dagli spazi deputati. Raggiunge realtà marginali e periferiche, crea tessuto di relazione, rafforza il sentimento di appartenenza alla comunità, pone domande agli individui e alla società.
Per la quinta edizione di TERRITORI DA CUCIRE abbiamo pensato a
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esperimento per un teatro di comunità |
Abbiamo presentato il progetto domenica 7 aprile 2019 al Teatro delle Ariette.
"L'estate scorsa abbiamo vissuto una esperienza straordinaria!
Nelle piazze delle municipalità del nostro comune abbiamo presentato e condiviso con voi le cinque puntate di Un'Odissea in Valsamoggia. Ora il gruppo riparte, si rimette in viaggio per una nuova avventura, lascia Itaca e riprende il mare aperto.
Cominciamo così il percorso di creazione del nuovo spettacolo che presenteremo in luglio per la quinta edizione di Territori da Cucire.
Anche quest'anno sarete voi i protagonisti dello spettacolo, la vostra partecipazione è fondamentale. Sono le nostre qualità, i pregi e i difetti di ognuno di noi, che fanno la ricchezza di un teatro di comunità.
Vi aspettiamo, abbiamo bisogno di voi, della vostra energia e dei vostri pensieri".
RIFLESSIONI
È possibile cambiare il proprio destino? È possibile cambiare noi stessi, il mondo nel quale viviamo? A volte ci sentiamo imprigionati in un presente ostile. Di chi è la colpa? Chi sono i nostri nemici?
A volte ci sentiamo tristi e soli, come naufraghi su un'isola sconosciuta, ci sentiamo esiliati, lontani da noi stessi e dai nostri desideri, come se qualcuno ci avesse rubato la felicità che un tempo avevamo, quella semplice felicità di essere vivi.
Cerchiamo i responsabili di questo malessere e sentiamo crescere un desiderio di vendetta
In quei momenti siamo capaci di scatenare una tempesta, per distruggere e ricostruire, rimettere le cose a posto, riportare ordine nella nostra vita, giustizia nel mondo e pace.
Abbiamo deciso di scendere in piazza, con le armi del teatro, per spezzare la solitudine e insieme scatenare una Tempesta, per mettere in discussione le nostre certezze e farci immaginare un cambiamento, un mondo nuovo da costruire giocando.
Perché La Tempesta è solo un gioco che vorremmo giocare con voi.
William Shakespeare, alla fine della sua carriera, ha scritto una commedia intitolata La Tempesta.
È il nostro presente che mi ha fatto pensare alla tempesta. Qualcosa sta cambiando, qualcosa è finito per sempre. Cosa ci sarà dopo? La piazza diventa isola, l'isola della tempesta. Il teatro è un'isola dove mi nascondo per stare solo e dove mi dispongo ad accogliere gli altri, i naufraghi. L'isola del teatro è tutta da scrivere, da immaginare, ma è soltanto lo specchio della vita che abbiamo vissuto fino a oggi, è ciò che del nostro passato è rimasto imprigionato nel presente dell'oggi. È il dialogo tra me oggi e il mio passato.
La piazza è un teatro e il teatro è un'isola.
Il fatto è che nessun uomo è un'isola, non siamo nati per stare da soli.
"Noi siamo fatti della materia di cui sono fatti i sogni e la nostra piccola vita è circondata da un sonno".
Ancora un'isola.
L'anno scorso era l'approdo, il punto di partenza e di arrivo, la patria perduta e ritrovata, Itaca.
Quest'anno è il luogo sconosciuto del naufragio e dell'esilio, ma ci troviamo ancora su un'isola, è l'isola del nostro presente.
Sull'isola, in certi momenti, ci sentiamo tristi e soli, lontani da noi stessi e dai nostri desideri, come se qualcuno ci avesse rubato la felicità che un tempo avevamo, quella semplice felicità di essere vivi.
Allora cerchiamo un colpevole, ci chiudiamo in noi stessi e chiudiamo i porti.
Ma nessun uomo è un'isola, non siamo nati per stare da soli.
Per questo abbiamo deciso di ritrovarci ancora nelle piazze, per spezzare la solitudine e scatenare insieme una Tempesta capace di mettere in discussione le nostre certezze vuote e farci immaginare un cambiamento, un mondo nuovo.
Perché Una Tempesta in Valsamoggia in fondo è solo teatro, un bel gioco che vorremmo giocare con voi. "Noi siamo fatti della materia di cui sono fatti i sogni e la nostra piccola vita è circondata da un sonno".
Venite a trovarci sull'Isola della Tempesta.
Io sono Prospero e anche tu lo sei, credo.
Prospero è il Duca di Milano. Poi una cospirazione di suo fratello Antonio gli toglie tutto. Abbandonato in mezzo al mare con sua figlia Miranda, di soli tre anni, si salva naufragando su un'isola sconosciuta e ne diventa il sovrano assoluto. Libera Ariel, lo spirito dell'isola che viveva imprigionato in un tronco di pino, e lo fa diventare suo servo. Adotta Caliban, uno strano ragazzino figlio di una vecchia strega, unico nativo dell'isola, e trasforma in servo anche lui.
Sull'isola non c'è nessun altro essere umano.
Passano 12 anni.
Quando, dopo 12 anni, si presenta fortunosamente l'occasione di vendicarsi, Prospero non se la lascia sfuggire, è pronto e scatena La Tempesta che rimetterà le cose a posto.
Cosa ha fatto Prospero in questi 12 anni sull'isola con Miranda, Ariel e Caliban?
Ha soltanto meditato una vendetta? Ha allenato le sue arti magiche?
Prospero è qualcuno a cui hanno rubato qualcosa, a cui è stato fatto un torto, ingiustamente.
Chi non ha mai pensato di aver subito un torto? Questo ci avvicina a lui, per questo siamo tutti Prospero.
Ci sentiamo imprigionati su un'isola, la quotidianità del nostro presente, e sogniamo un altro mondo. Immaginiamo per noi un destino migliore di quello che la vita ci ha consegnato.
Spesso per riparare ai torti subiti facciamo a nostra volta dei torti pensando che in fondo il fine giustifica i mezzi e da vittime ci trasformiamo in carnefici, alimentando una catena di azioni ingiuste.
Abbiamo mai provato a nominarla e a disegnarla la nostra isola? E a nominare e disegnare il mondo che sogniamo?
Prospero lo fa scatenando la tempesta con le sue arti magiche. E noi abbiamo voglia di scatenare una tempesta nella nostra vita? Abbiamo voglia di guardarci allo specchio e di immaginarci diversi? Abbiamo voglia di specchiarci negli altri per riconoscere noi stessi? Siamo ancora capaci di mettere da parte risentimento e rancore e abbandonare l'isola della nostra autosufficienza per riconoscere che è degli altri che abbiamo bisogno per essere felici e non del potere, della ricchezza o della vittoria?
Io credo di sì, se facciamo ancora teatro nel 2019 credo che sia per questa voglia umana e sacra di conoscere, immaginare, creare mondi nei quali vivere insieme ai nostri simili, agli animali, alle piante, alle cose tutte.
Come si sta bene sull'isola quando ci siamo solo noi!
E come ci si sente unici!
Che bello essere unici e soli!
O no?!
Obiettivi
Produrre e diffondere arte e cultura in una comunità. Farlo partendo dalle risorse della comunità stessa. Restituire alle "piazze" l'originaria funzione di "agorà", luogo di incontro e confronto paritario dei cittadini senza distinzioni di ceto, cultura, origini e genere. Contribuire alla crescita culturale della comunità attraverso la condivisione di un processo di creazione artistica.
Far scoprire il piacere e la ricchezza di fare teatro, arte e cultura, soprattutto di farlo insieme. Far scoprire che il teatro è un modo per parlare di noi, di riflettere sul nostro presente, e che ogni incontro con l'altro ci aiuta a costruire ed arricchire la nostra identità e rafforza il sentimento di appartenenza alla comunità.;
Contesto
Un territorio di provincia in cerca di un'identità: essere satellite della città o affermare un'identità capace di dialogare con la città? Le tensioni che attraversano il nostro territorio sono le stesse di tutta la provincia emiliano-romagnola, a cavallo tra ruralità, artigianato, industria e turismo. I cittadini hanno origini e culture differenti, sogni e aspettative sempre nuove e chiedono sempre più decisamente di essere coinvolti come parte attiva nella vita culturale della comunità, chiedono di superare il ruolo del consumatore passivo. È in questo contesto che si inserisce la nostra proposta, rispondendo alle domande di socialità, aggregazione, pratica attiva e crescita culturale.
Destinatari
I destinatari del progetto sono prevalentemente i cittadini del comune di Valsamoggia di ogni fascia di età (con particolare attenzione agli under 35), di ogni categoria sociale (con particolare attenzione a quelle cosiddette svantaggiate) e di ogni provenienza geografica (con particolare attenzione agli stranieri). Essendo Valsamoggia territorio di confine il progetto è naturalmente rivolto a tutto il bacino di utenza di Bologna, Modena e relative province.
Risultati
Il risultato principale è la realizzazione di un'esperienza formativa di valore artistico e sociale grazie al lavoro comune di un gruppo di cittadini. Puntiamo a una partecipazione di 70 cittadini, direttamente coinvolti nella creazione teatrale, di ogni fascia di età (bambini, giovani, adulti, anziani) e di origini, classi sociali, culture e provenienze diverse (italiani, stranieri, studenti, artigiani, operai, casalinghe, professionisti).
Puntiamo a una partecipazione di 1500 spettatori alla presentazione dei 5 episodi del progetto nelle piazze di Valsamoggia.
Puntiamo sulla qualità artistica e il valore sociale della proposta, capace di suscitare interesse e dibattito tra i cittadini, di raccogliere l'attenzione dei mezzi di informazione e di dialogare con il mondo teatrale.