ATTORNO A UN TAVOLO

piccoli fallimenti senza importanza
 
 

di Paola Berselli e Stefano Pasquini
con Paola Berselli, Maurizio Ferraresi e Stefano Pasquini
scenografia e costumi Teatro delle Ariette 
regia
Stefano Pasquini
segreteria organizzativa Irene Bartolini
ufficio stampa e comunicazione Raffaella Ilari
produzione Teatro delle Ariette 2018

 

Uno spazio scenico condiviso: una Cucina. Un grande tavolo al centro. Attorno ci sono tavoli da lavoro, forno, pentole, fornelli, taglieri e mattarelli.
Paola, Stefano e Maurizio accolgono gli spettatori, li fanno accomodare attorno al tavolo e apparecchiano.
<<Per noi è sempre molto bello invitare gli amici a pranzo o a cena, però non è facile. Ci sono sempre troppe cose da fare, il tempo manca...>>, dice Stefano.
Così comincia la cena (o il pranzo) e i tre attori, servendo acqua e vino, focacce, formaggio, verdure e tagliatelle, raccontano storie di vita (di teatro, di agricoltura, di paura di volare, di amici e di cinghiali), esperienze personali, piccoli fallimenti apparentemente senza importanza, inquietudini che attraversano il nostro presente.
Lo fanno con leggerezza, senza drammatizzare, piuttosto con la voglia di giocare.
Nella Cucina-Teatro delle Ariette tentano di creare, per il tempo effimero dello spettacolo, una comunità provvisoria, forse ancora possibile.

Il Teatro delle Ariette è nato nel 1996. La sua storia è raccontata nel libro "Teatro delle Ariette. La vita attorno a un tavolo". Uno dei loro spettacoli più noti "Teatro da mangiare?" ha realizzato più di 1000 repliche. L'8 aprile 2017 il Deposito Attrezzi, costruito nel 2000 in mezzo ai campi delle Ariette, è diventato ufficialmente un teatro. In tutti questi anni la Compagnia ha cercato un dialogo serrato con il teatro, tenendosi ai margini, in equilibrio su quella linea di confine che separa il teatro dalla vita, lottando con la "forma spettacolo", tentando di superarla, trasformando la vita nella prova infinita di uno spettacolo inimmaginabile.

<<Ci siamo persi e ritrovati. Oggi, attorno a un tavolo, il mondo ci è venuto incontro. E ci ha portati in un posto senza tempo né luogo. Adesso bisogna ricominciare da zero. Con la promessa di non celebrare, di non mentire. Con la voglia, lo spirito di vita dei bambini.
In 20 anni si imparano tante cose. Si fa esperienza, ci si confronta con la forma del linguaggio che si utilizza. Più il tempo passa, più ti accorgi che quello che ti interessa veramente è qualcosa di profondo, di semplice, di vero. Ricominciare da zero significa pulire il proprio pensiero e la propria azione dalle incrostazioni del tempo e ritrovare la purezza, la necessità e la forza del vero motivo per cui facciamo teatro, che è la voglia di condividere domande. Così ci siamo confrontati con la stessa forma che abbiamo scoperto e praticato in Teatro da mangiare?, cioè abbiamo trasformato la nostra Cucina in un Teatro, e il nostro Teatro in una Cucina.
Da allora a oggi è cambiata la società, il mondo, noi, gli spettatori. Tutto si è trasformato.
Nella vita quotidiana è sempre più difficile trovarsi attorno a un tavolo.
Ma la forza empatica ed evocativa dello stare attorno a un tavolo in teatro mette attori e spettatori in una condizione unica e speciale.

Il teatro ci permette di evocare, di costruire e vivere quello che nella vita quotidiana sta scomparendo. Continuiamo a chiedere al teatro la forza, la bellezza di essere, nel momento del suo farsi, una espressione della comunità. Più la vita ci relega in una posizione voyeuristica di consumatori, più il teatro corre il rischio di diventare oggetto di consumo, merce. Ma noi continuiamo a cercare la magia dell'incontro vero e vivo, del rito partecipato e condiviso.
 
Potremmo intitolare i nostri spettacoli con delle date invece che con delle parole, come se continuassimo a scrivere, a ogni spettacolo, il diario della nostra vita. Non ci muoviamo per temi, ma per tempi. Quello che succede a noi e nel mondo in un dato periodo è la materia con cui ci confrontiamo.
Così oggi, parlare di piccoli fallimenti significa riflettere sulle occasioni in cui ci siamo scontrati con le leggi che governano il mondo e abbiamo perso. Queste sconfitte non hanno cambiato la nostra anima: continuiamo a vivere e ad agire secondo le nostre convinzioni e, dopo il disorientamento dei primi fallimenti, abbiamo imparato a perdere. Forse per questo siamo diventati invincibili.
Per il mondo i nostri fallimenti sono irrilevanti. Bene, lo sono anche per noi, perché continuiamo comunque a vivere, a lottare, a piangere e a ridere, a fare teatro, a coltivare la terra, a fare il pane e le tagliatelle, a invitare gli amici e a chiamare le persone che vanno a teatro spettatori e non pubblico>>.

Estratti Stampa

[...] Con la stessa cura, consapevolezza e grazia con cui impastano, tagliano, cuociono e infine portano a tavola un piatto di tagliatelle fumanti, le Ariette raccontano di fallimenti, paure, slanci amorosi, del tempo che passa, di una società che cambia, del mistero dello stare al mondo (<< chi sei, fratello? Di quale Dio sei figlio? Cosa ti ha fatto nascere su questa terra uomo o donna? >> sono altre incursioni in una verticalità senza risposta con cui Berselli apre lo spettacolo), ricordando anche a noi della nostra fallibilità insita nella condizione umana, che è altresì sintomo di vitalità: fallire implica un movimento (Ever tried. Ever failed), una tensione alla vita. Forse è proprio per questo che attorno a quel tavolo si risveglia anche un senso di empatia che ci fa sentire meno soli e più uniti nello stesso percorso, anche se in modi straordinariamente diversi.
Sarah Curati, Paperstreet, 13 ottobre 2018

[...] Sulla scena, attorno a un grande tavolo, si sta tra il gioco, la sensualità e la replica. Il linguaggio del Teatro delle Ariette è ormai ben rodato da anni, rinnovando sempre la consueta domanda: come possiamo sapere quando accettare di buon grado il cambiamento, oppure resistervi? Parola e cibo si accompagnano senza soluzione di continuità, con noi a godere insieme dell'uno e dell'altro, premuti piacevolmente da una sensualità che ci solleva - forse a causa del vino - a una leggerezza conosciuta da bambini e sempre vanamente inseguita [...]. Come sapere quando resistere o cambiare? Masanobu Fukuoka ha costruito in quarant'anni il metodo del "non fare": a un uomo bastano mille metri quadrati di terra. Si gettano le sementi tutte insieme, e il frutto cresce. Se si adopera solo una spanna in più, quel superfluo non ti sarà dato, ma nemmeno il necessario. Qual è la misura dell'uomo nel suo rapporto con il mondo? Rimaniamo con la domanda continuando a chiacchierare con gli interpreti, a bere l'ultimo bicchiere. Cerchiamo di portarci via la sensazione teatrale chiedendoci dove sia possibile comprare a Roma quel vino così buono. Anche le parole hanno un sapore. Come le sementi, anch'esse devono abbandonare ogni arroganza per fecondare e essere fecondati. Il Teatro delle Ariette è qui a ricordarcelo.
Vincenzo Carboni, Persinsala.it, 30 settembre 2018

[...] L'ultima impresa, Attorno a un tavolo (piccoli fallimenti senza importanza), allude con gentilezza a disavventure alimentari e campagnole nel bolognese, e una volta ancora i due epici artefici-protagonisti, Paola Berselli e Stefano Pasquini (coadiuvati sempre da Maurizio Ferraresi), sono gli umanissimi ristoratori, qui con un rituale del cibo misto ai problemi del nutrire, con spettatori seduti a un desco grande come un palcoscenico. [...] E in questo spettacolo di rese di conti ecco le parole musicali teatralissime di Pasquini che canta The Last Leaf di Tom Waits, preceduto da una lettera-poema di Berselli, che documenta col cuore in gola l'abito rosa indossato al primo incontro (ora un costume a pelle), il grano coltivato, il miracolo d'una casa comune. E poi gli scossoni per la paura di volare, per un libro su Auschwitz, per La rivoluzione del filo di paglia di Fukuoka, per la Cartolina di Natale ancora di Waits, per la fabbrica di mortadella del padre di Pasquini. Quando arriva la pasta fumante, gli applausi sono una festa del palato.
Rodolfo Di Giammarco, la Repubblica, 23 settembre 2018

[...] Dagli iniziali sguardi diffidenti e dai sorrisi stentati, a mano a mano che il tempo passa ci si ritroverà come amici attorno ad un tavolo. Perché la potenza delle Ariette sta proprio in questo: la loro concezione di teatro passa attraverso la condivisione di un momento in cui ci si emoziona insieme, si dimentica di essere spettatori e ci si ritrova "a casa". Paola, Stefano e Maurizio preparano la nostra cena, ci servono e si raccontano, come davvero fossimo amici stretti, con naturalezza e confidenza. E narrano quel loro mondo fatto di terra, animali, verde e fatica attraverso momenti che commuovono: come la lettera d'amore letta da Paola, o il racconto del clown che sfida il plotone di esecuzione. Piccoli fallimenti, inquietudini della vita raccontati senza drammatizzare e anzi col sorriso.
[...] Finiamo la cena con la sensazione di non aver assistito a qualcosa, ma di essere stati protagonisti pur senza essere stati tirati a forza su un palco. Non abbiamo avuto il nostro momento di gloria personale ma abbiamo vissuto qualcosa che ci ha reso un po' diversi, che ci ha "costretto teneramente" a stare insieme, sporchi di sugo e con gli occhi lucidi. Attraverso un gesto di teatro che avvicina al teatro senza retorica o stratagemmi melensi. [...]
Silvia Limone, KLP, 29 giugno 2018

[...] Ci sono la nostalgia e la commozione ma ci sono anche le risate, allorché Maurizio si esibisce in numeri di agilità con le uova sode oppure quando Paola indossa di nuovo il naso da clown. C'è il rito della preparazione delle tagliatelle: una maestria e una cura che sono un altro modo per abbracciare gli spettatori. E questi ultimi si sentono davvero più che semplici osservatori e fruitori: amici, come dichiara la stessa Paola quando, finita la parte "ufficiale" dello spettacolo, chiacchiera con noi insieme a Stefano e Maurizio. Una comunità di persone che ha condiviso per due ore emozioni e pensieri - nati certo dalla biografia dei tre eppure intimamente condivisi da tutti i commensali - e che dunque si riconosce come "amica". Una fratellanza che nasce dalla condivisione di cibo e parole e che ci ricorda quanto sia importante, in questi tempi bui, sedersi e guardarsi negli occhi, offrirsi cibo e sorrisi, scambiarsi ricordi e pensieri. Il Teatro delle Ariette ha così offerto a Torino una lezione di trasparenza e di generosità, di "semplice" ma preziosa umanità.
Laura Bevione, paneacquaculture.net, 20 giugno 2018

[...] Domande, domande, domande suscita l'ultimo spettacolo del Teatro delle Ariette Attorno a un tavolo. Piccoli fallimenti senza importanza [...] Apparentemente narra di fuga dalla città in campagna, in cerca di un mondo più <<naturale>>: in realtà seduce maneggiando miti contemporanei e smontandoli, portando in retrogusti amari subito sublimati nella risata o nell'empatia dell'incontro. Ora gli spettatori sono seduti vicinissimi alla grande tavola, vuota, la stessa dello storico Teatro da mangiare? (2000). Mentre viene cantata una ballata di Tom Waits arrivano, come in un cerimoniale funebre, stoviglie, bicchieri e piatti bianchi, rigorosamente vuoti. [...] I contrasti sono la vera cifra poetica delle Ariette, per scavare ferite e provare a medicarle. [...] Colpi di coltello su taglieri alle spalle degli spettatori: gran finale con tagliatelle, la catarsi finale, insieme alle chiacchiere degli spettatori che nell'ora attorno al tavolo hanno fraternizzato.
Massimo Marino, Corriere di Bologna, 3 giugno 2018

[...] Ritrovarsi attorno alla tavola, il rito del pranzo o della cena come occasione per recuperare il contatto con l'altro e riassaporare il piacere del ricordo e della condivisione: tra gli spettacoli più apprezzati di questa edizione la prima nazionale del Teatro delle Ariette "Attorno a un tavolo (piccoli fallimenti senza importanza)", spettacolo che ha aperto il festival, regalando un soffio di verità e bellezza, attraverso il gusto dei piccoli gesti quotidiani [...]
Elisabetta Reale, Gazzetta del Sud, 3 giugno 2018

"Il teatro rende eterno quello che il corpo non riesce a fare, così anche l'amore è eterno" nessuna frase dello spettacolo Attorno a un tavolo - piccoli fallimenti senza importanza descrive al meglio il cuore dell'esperienza teatrale e culinaria offerta dal Teatro delle Ariette [...] L'unione di cibo e teatro con il Teatro delle Ariette è un accostamento che non stupisce, poiché il teatro è vita, è passione, è il lato spirituale ed eterno della nostra anima, mentre il cibo rappresenta la parte più materiale e caduca dell'essere umano: il corpo. Le pietanze sono nel piatto e dopo poco verranno divorate e svaniranno quindi come l'uomo, ma l'amore, verso qualcuno o verso il teatro, qui sinonimo di vita, sono eterni. Non si può non uscire cambiati da questo incontro.
Giordana Marsilio, Network Lettera 22, 30 maggio 2018

[...] Questo spettacolo coinvolge gli interpreti e chi vi partecipa, poiché a essere messa a nudo è l'anima umana con le sue fragilità e le sue forze, in un ambiente di rito in cui si viene introdotti alla vita comune fatta di ricordi, di speranze e di emozioni e dove il mangiare insieme diventa il collante per unirsi. Sicuramente non è la componente recitativa a prevalere all'interno di questa esperienza, quanto maggiormente quello che le Ariette portano in tavola-scena: la ritualità del convivio che diventa teatrale, uno spazio in cui spettacolarità e vita si fondono.
Giordana Marsilio, Paneacquaculture.net, 5 giugno 2018

[...] Il centro del tutto, a mio avviso, è la domanda "Che cos'è la libertà?" e la risposta ovviamente non esiste, o almeno non è universale né esportabile nelle esistenze altrui, ognuno deve trovare la propria. Qui sta il difficile perché diventano gabbie anche le libertà che funzionano sugli altri e che adottiamo per comodità, praticità e pigrizia e che poi risultano essere scomode e spigolose per le nostre ossa. Forse la gallina sta bene nella sua stia. Chi l'ha detto che la gallina non è un animale intelligente? Le Ariette stanno bene nei loro campi. E noi, comuni mortali, senza grandi impedimenti restrittivi e senza la fatica della vanga? "Attorno a un tavolo", dove tutti siamo alti allo stesso modo, e non ci sono divisioni né separazioni, forse è possibile conoscerci meglio e sapere un po' di più del nostro vicino di gomito. "Attorno a un tavolo" non c'è diffidenza né razzismo, né disuguaglianze né paure. Questo è tutto quello che so sulle Ariette.
Tommaso Chimenti, Recensito.net, 23 febbraio 2018