09/04/2021
VALENTINA

Chi non fa non falla.
Non si fa mai abbastanza con la campagna, ma quello sguardo severo che ha sgretolato il vostro morale non è che uno dei tanti che si posano sulla vostra fattoria-teatro. Siete esposti e lo siete purtroppo anche alle critiche. Non è facile, non lo è mai. Per quanto cruda sia la natura, io ho fiducia che gli animali se lasciati in pace non stiano poi tanto male. In gabbia, alla catena si che stanno male, liberi invece se la cavano, con o senza l'attenzione dell'uomo. Nemmeno con la pandemia sembra esserci entrato in testa.
Vi mando una letterina. tanti baci e a presto.
Valentina


La candela non è lì per fare luce

Quel rito che è il teatro
Primavera 2021. Un paio di giorni fa un’insegnante mi dice di non riuscire a capire perché sia possibile assistere ad una messa (distanziati, igienizzati e con mascherina), ma sia proibito andare al cinema o a teatro, e conclude frustrata: “dove sta la differenza? “Questa frase continua a martellarmi in testa. O meglio: a fluttuare come la chiave di un cassetto mai notato. Dove sta la differenza fra un momento spirituale in un tempio e un momento culturale in un teatro? L’officiante non è forse come l’attore? Il sacerdote non è tanto simile al cantante solista nell’Opera, come al musicista virtuoso? Ed io che sto lì ad ascoltare (con attenzione o distrattamente), dimentica per un’ora dei miei guai, o ascoltando finalmente la loro soluzione, non sono forse lì perché ho un bisogno?
Vado a teatro e al cinema per curiosità,
a volte ci vado perché costretta,
oppure dopo essermi guadagnata quella serata a costo di una rocambolesca organizzazione, a volte capita per caso.
Sono certa che, se non mi servisse, a teatro mica ci andrei.
Ci sono tante cose più urgenti del teatro, ci sono occupazioni più pratiche, più indispensabili: “Mica tutti possono prendersi il lusso di andare a teatro!”.
N O N – N E C E S S A R I O È il teatro.
A pensarci un attimo, cosa non è un elemento pratico. Cos’altro non lo è?
le candeline sulla torta di compleanno … neppure la torta in verità. Si compiono gli anni anche senza torta, anche senza candela.
Soprattutto da grandi. Solo da piccoli le candeline sulla torta sono davvero importanti per festeggiare il compleanno. I piccoli che compiono un anno però non sentono il bisogno della candela: siamo noi ad abituarli al rito, e così si scopre che siamo noi ad averne bisogno, come del Natale. N O N – N E C E S S A R I O.
Allora qual è il punto?
Sulla torta di compleanno la candela non è lì per fare luce.
Ci sono tante cose più urgenti del teatro: mi sto abituando a fare a meno del teatro?
Ne sento il bisogno via web? In effetti no.
Tuttavia per il teatro a distanza ci sono altri nomi: il cinema, il documentario. Questi sono momenti spirituali pensati per lo schermo, e di questi sto facendo scorpacciata. Il teatro davvero è in teatro. Ed è teatro qualunque luogo che venga usato come un teatro: un fienile, un campo di grano alle Ariette.
Non è tanto un problema di edificio: come per la chiesa o il templio non è indispensabile una grande struttura, ma basta una cappella, una capanna, o un capannone in una zona industriale – se sei Sikh e non abiti in India ma a Castelfranco Emilia- o un ex mercato ortofrutticolo con le piastrelle tutte rotte.
Non è il luogo ma il contenuto: l’officiante e chi ascolta creano il rito: in un salotto un gruppo di persone ascoltano un fagottista suonare per un’oretta un tubo di legno che produce bassissime onde sonore che entrano in risonanza con le sedie, con il pavimento, con i liquidi che scorrono dentro al corpo degli ascoltatori, e una bambina che era presente può ricordarsene per 25 anni.
Mi sto abituando a fare a meno del teatro, ma più che una rinuncia è un digiuno: aspetto, resisto perché so che potrò ricominciare a mangiare. Non vi venga da ridere. Ci sono tanti modi per nutrire questo lato: c’è chi guarda le serie tv, c’è chi ama il calcio, chi il ciclismo nella tarda primavera, c’è chi gioca a carte con gli amici sempre lo stesso giorno della settimana: ognuno di questi è un rito collettivo.
Non ci sono risvolti pratici, per questo si possono dire riti.
Come la cena a lume di candela: la candela non è lì per fare luce.
Dove sta la differenza?
Perché ho bisogno di teatro?
Perché mi rattristo quando penso all’ultimo spettacolo che ho visto?
Perché alcuni spettacoli non li dimenticherò mai, e sento il rimorso di essermi persa quello spettacolo anche a distanza di anni?
Perché le parole che ascolto, quei gesti, mi dicono molto di più del significato che portano?
Dov’è la differenza con il rito religioso? Anche nella messa, la candela non è lì per fare luce.
Mi sto abituando a fare a meno di quella che per me è simile ad una religione: il teatro.
Dunque dove sta la differenza nella percezione generale fra la necessità del rito collettivo religioso e la non necessità del rito collettivo culturale?

L’attesa del teatro è un digiuno
in cui la fame non si sente,
ma c’è.

Valentina Cristiani
9 Aprile 2021

LE VOSTRE RISPOSTE A "LE UOVA DI PASQUA"

31/03/2021 GIOVANNI
31/03/2021 SILVIO E GEORGIA
31/03/2021 ANNA - Buona Pasqua anche a voi!
31/03/2021 VALERIA
31/03/2021 CLARA
31/03/2021 GIULIANO
31/03/2021 LAURA
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01/04/2021 ROBERTA
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