30/12/2020
LUISA

Letteraraiettemontagna 2020


Sul fianco della montagna voi, e io nella pedemontana. Si chiama così, la pianura che guarda da abbastanza vicino le colline. Si può vedere la forma di molti monti, vedere quanta neve è caduta. Il Cimone, il Cusna, il monte di Valestra. Quelli li riconosco. Qui c'è la nebbia quando là facilmente c'è il sole. Qui io vivo perché mi è capitato di nascere non più in là o altrove. E, come sapete, non so andarmene da qui, so solo saltellare di qua e di là, tra un paese e l'altro, un fosso o un torrente.
Ho avuto una vita per molti anni con una sua rigida gerarchia. Prima lo studio, prima il lavoro, poi si vedrà. Quando preparavo la tesi, otto mesi circa, sono uscita per incontrare amici una sola sera. Forse qualche altro incontro, non ricordo. Cos'era quella vita che mi preparava alla vita e la spostava in là, nel tempo del futuro dove la vita si sarebbe dispiegata in tutta la sua ricchezza? Ero o no nel tempo della vita?
Anch'io ho pensato, quando volevo essere scrittrice, che dovevo vivere per nutrire la scrittura,
che poi nutre la vita
che poi nutre di nuovo la scrittura
che poi dopo sono vita entrambe
e alla fine non si distinguono
e sono una cosa sola
solo se una non soffoca l'altra.
C'è solo tempo-vita, davvero. Quel niente da dire da fare e da pensare che è la vita: questo l'ha scritto, se non ricordo male, Carmelo Bene, forse in una plaquette dove c'era il testo del suo Otello. Mi piace questa frase: non c'è niente e nessuno che dica cosa la vita deve essere, la vita è, semplicemente e noi la riempiamo di parole, cose da fare, pensieri. Ma lei ci rifà continuamente.
Non ho tempo libero, non posso andare in Patagonia, non riesco a dimagrire se non vado in palestra, saranno mesi che non vedo un film: tutte queste cose si sentono dire anche in tempi normali, quando uno è oberato dal lavoro o da sventure familiari o semplicemente deve accudire i suoi piccoli. Non è solo faccenda di pandemie o terremoti o alluvioni. Uno fa quello che può, fin che può. E cambia in continuazione.
Si cambia in continuazione. Il dolore di cambiare viene dall'essere affezionati troppo a quello che si è, perché quando si è trovata una vita che piace, delle persone che si amano, delle situazioni che danno felicità, non si vuole cambiare niente. Si pensa che poi ci mancherà tutto, che saremmo infelici. Invece, pandemia o vecchiaia, alluvione o morte di qualcuno, terremoto o invalidità, qualcosa ci sarà sempre a dirti che bisogna cambiare, accettare, adattarsi.
Filosofia anziana? Può darsi. Se il vostro teatro cambierà, e cambierà, perché non si torna indietro, come scriveva Pasqui, benvenuto il cambiamento. Anzi, tutto sta già cambiando. E il cambiamento porta con sé anche queste lettere, che prima non c'erano. E porta con sé anche quelle tagliatelle crude nel vostro video, senza profumo e calore. Un uovo da solo, un po' di farina, le mani che impastano. Lo sguardo di Paola. Quelle tagliatelle sono vere, e desiderabili, anche se non raggiungibili. Tagliatelle nuove, che dicono: non ci mangiate voi che ci guardate, ma sappiamo farvi ugualmente piacere. Potete sognarci, intanto.

LE VOSTRE RISPOSTE A "SUL FIANCO DELLA MONTAGNA"

20/12/2020 MADDALENA
20/12/2020 MARIA AGNESE
20/12/2020 LUISA E GIORGIO
20/12/2020 PAOLO - DOMANDE
20/12/2020 UBER
20/12/2020 ISADORA E LUCA
21/12/2020 MADDALENA
21/12/2020 LORETTA
21/12/2020 GIULIANO
21/12/2020 BARBARA - PER LUNEDI'
21/12/2020 ANDREA
23/12/2020 LAURA
25/12/2020 FABRIZIO - DALLA PARTE DEL TORTO FABRIZIO AUGURI!
25/12/2020 LUIGI
27/12/2020 LINA - UNA CHIACCHIERATA IN RISPOSTA
27/12/2020 GIULIANO - Sul fianco...' LA MORTE È 'NON-VITA’?
30/12/2020 LUISA - Letteraraiettemontagna 2020