24.03.2014
STEFANO PASQUINI

Una riflessione di Pasqui
Sul concetto di mettere al centro l'opera.
Il cinema mette al centro l'opera, per la sua riproducibilità, la sua immutabilità, come la pittura o l'arte plastica. Le arti performative hanno una natura diversa, sono irriproducibili e si svolgono in un luogo fisico su una durata di tempo, esistono nel loro farsi in presenza di soggetti diversi partecipi a diverso titolo all'evento. L'arte performativa quindi, per sua stessa natura mette al centro il processo, non l'opera, perché l'opera non esiste. Esiste l'azione creativa e tutta quella rete di azioni che rendono l'evento performativo possibile, a partire dall'allestimento di un luogo, dall'accoglienza, dai modi scelti di relazione e fruizione tra performers e spettatori.
Per questo motivo ci interroghiamo sulla relazione tra teatro, teatranti e spettatori, perché senza questa relazione l'arte performativa non esiste, o esiste solo come surrogato di qualcosa di riproducibile.
Insomma c'è la stessa differenza che c'è tra la ricetta delle tagliatelle e un piatto di tagliatelle. Le tagliatelle, per mangiarle, bisogna rifarle ogni volta, attraversando l'imprevisto e il rischio dell'insuccesso, la ricetta resta, ma non si mangia.
Credo che il lavoro che facciamo ogni giorno, che fanno Bruna, Edoardo, sia mettere al centro il processo e seguirlo con cura e passione in ogni momento e in ogni dettaglio.
È questa consapevolezza che ci impegna a un'assunzione di responsabilità nei confronti del teatro e degli spettatori.
Forse usiamo parole diverse per dire la stessa cosa, mettere al centro l'opera o il processo non fa differenza se l'opera e il processo sono la stessa cosa.

Stefano