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TEATRO DELLE ARIETTE
L'estate.fine - Pasqua laica in quattro movimenti:
veglia, corteo, rito e festa popolare
dedicato a Pier Paolo Pasolini
un progetto di Paola Berselli e Stefano Pasquini
con il lavoro di Paola Berselli, Maurizio Ferraresi, Gregorio Fiorentini,
Rosa Massari, Stefano Pasquini, Claudio Ponzana
regia Stefano Pasquini
TEATRO DELLE ARIETTE 2004
in coproduzione con Santarcangelo dei Teatri
con il sostegno di Regione Emilia Romagna, Provincia di Bologna
È stato a Santarcangelo di Romagna, nella primavera - estate del 2004.
Noi (Teatro delle Ariette), in coproduzione con Santarcangelo dei Teatri, abbiamo realizzato un evento teatrale su un terreno agricolo di 6000 metri quadrati, coltivando ortaggi e mais, costruendo una scenografia vivente, immaginando una drammaturgia vegetale in grado di accogliere e condizionare la presenza umana.
Lo spettacolo che ne è uscito ora vive fuori dal campo, in altri luoghi (teatri, capannoni, parchi... ), e si reinventa di volta in volta a seconda dell'ambiente che lo accoglie, ma mantiene un legame intimo e profondo con l'esperienza che lo ha generato.
L'estate.fine non sarebbe nato senza l'esperienza dei sei mesi di coltivazione del campo-teatro, senza l'accoglienza del ritmo della terra, del suo suono, senza le scoperte che il tempo, soltanto il tempo e il cielo e il sole e la pioggia e le piante ci hanno regalato.
Al di là delle convinzioni politiche, etiche o religiose, delle condizioni sociali e dei ruoli, dei luoghi e dei tempi è successo che la vita ci ha portati di fronte alla morte, in un territorio dove non ci sono certezze, un territorio che ha la consistenza e le regole del sogno.
Lì è germogliata L'estate.fine, sulle domande di Pasolini, sul nostro stupore di fronte al mistero.
E oggi vive come Pasqua laica, rito di attraversamento e di trasformazione.
L'estate.fine supera la forma spettacolo e attinge direttamente alla struttura e alla funzione dei riti di fertilità legati alla terra e alla civiltà contadina dove la festa e il lutto, il pianto e il riso, la vita e la morte sono intimamente e indissolubilmente intrecciati.
L'estate.fine è stato presentato in molte stagioni teatrali e festival tra i quali ricordiamo: Santarcangelo dei Teatri (Santarcangelo), Contemporanea (Prato), Volterrateatro (Volterra), Il Filo di Arianna (Belluno), Festival Les Nuits Secrètes (Aulnoye-Aymeries).
"Non è impresa da poco mettere in scena l'imperituro e il sacro, pure se in virtù di un luogo che andrà a finire appunto con l'estate. Ci provano e Ariette con quella particolare sapienza di condivisione con gli spettatori, è qualcosa di nuovo e appena tracciato, da descrivere e raccontare con esperienza. Il rito d'altro canto lo fa chi vi partecipa, per noi è stata cosa indimenticabile. Dagli abituali rigidi approcci critici non si può che uscire scornati, chi addirittura con livido cinismo, forse per non essere riuscito a entrare nel gioco."
Emanuela Garampelli - Hystrio
"L'estate.fine" è un piccolo miracolo agreste. È uno smarrimento onirico tra le figure che scorrono in una memoria comune che ci preesiste. Ci lascia imbambolati tra il grano turco alto due metri a camminare come quando si era bambini sulle tracce delle vite che ci hanno preceduto, spiati da sagome distorte.Le Ariette innescano un metodo drammaturgico radicalmente nuovo, sviluppato a partire da alcune scoperte registrate nel corso dei precedenti lavori. Danno a questo metodo una forma indipendente attraverso la costruzione di uno spettacolo. È questo il valore."
Gianmaria Tosatti - www.ligefate.it
"Le Ariette costituiscono una solida partitura eucaristica, "Dio, comunismo e natura", coltivando i segni riconoscibili di una mistica piuttosto invadente. La parola di Pasolini riecheggia come in preghiera e le presenze si tingono di un dolore sempre esposto, fin troppo indulgente. A tratti sembra di riconoscere più dei personaggi testoriani, con tutta la loro sublime carica grottesca, come la superba "reina svedovata, strangosciada" della Berselli, infagottata in un parruccone rosso Milva, sorta di Cleopatràs contadina."
Fabio Acca - Il giornale del festival
"... ma il clichè dell'allegria forzata è sottilmente ribaltato, e fra le note di Romagna mia si insinuano le lucide inquietudini di Pasolini. L'impianto drammaturguico è elementare, ma vuole sviluppare un'idea complessa: la natura non come rassicurante emblema di vita e di rinascita, ma come un ciclo inesauribile di cui è parte anche il pensiero della morte."
Renato Palazzi - Il sole 24 ore
".... è bellissima e toccante l'idea di costruire questo "teatro naturale", effimero e vivo come uno spettacolo, spazio di accoglienza e nutrimento, che allo stesso tempo riverbera il tema del lavoro che ospita ....quell'intreccio tra l'intimità dell'autobiografia e la dimensione pubblica dello spettacolo che è il contrappunto e l'indispensabile complemento dell'intreccio tra cibo e teatro intorno a cui è fondato il lavoro delle Ariette."
Oliviero Ponte di Pino - www.ateatro.it
"Tutto è concreto e finto, radicalmente vero e altamente teatrale. E più spettatori sono al limite del pianto quando Stefano Pasquini su una sedia a rotelle verrà imboccato, il corpo un po' storto, lo sguardo assente. La voce di Totò, uno dei film più teatrali di Pasolini, Che cosa sono le nuvole?. Ancora gioia, l'invito a mangiare insieme. Un rito magico: la vita, la morte, il teatro. E il cuore batte ancora nel ripensare a questo incontro: l'estate.fine."
Valeria Ottolenghi - La Gazzetta di Parma