06/12/2020
ANDREA
Cari Paola e Stefano e Maurizio,
questa volta non è una cartolina, ma parole che, purtroppo, non si possono
stropicciare. Non mi riuscirà nemmeno molto bene, si è inceppato il
meccanismo della scrittura.
Spero che vi ricordiate di noi. Una volta siamo arrivati alle Ariette
(quanti anni fa? Dieci, tanto per dire un numero?) con la scusa di
scrivere un articolo. Vi avevamo incontrati un po' di tempo prima in
montagna, in val di Sella, un 'concerto' con Gianmaria Testa. Fu una
piccola folgorazione. C'era anche Tom Waits? E allora mi dissi che
dovevo conoscervi e io, purtroppo, non conoscevo altra scusa che
chiedervi di poter scrivere su di voi. Potrei anche cercare quel vecchio
articolo. Vidi le cartoline appese alle pareti. Anche io adoro le
cartoline, le cartoline sono davvero un impegno: devi trovarle (niente
facile), cercare i francobolli (impresa difficile), e forse anche andare
alla posta...insomma le cartoline sono un affetto sincero...poi il caso
volle (a volte il caso è sorella e fratello) che ci trovammo, per caso,
in luoghi distanti: Veneto, San Mauro Forte, là vicino a Parigi.
Insomma, abbiamo mangiato più volte assieme, le tagliatelle, siamo
venuti alcune volte nella vostra valle...poi come sempre accade ci siamo
un po'perduti, i legami si allentano, arrivano le rughe e la stanchezza,
ma il cuore batte e il ricordo pure. Anche ieri vi ho spedito una
cartolina. Una cartolina che ha aspettato molto...la nostalgia, anzi, la
saudade, è ben viva. E' che negli ultimi anni siamo vissuti lontani: noi
a Matera, voi in Emilia. Troppi chilometri. Ma ogni volta che arrivava
un vostro avvertimento: a dicembre siamo qui...pensavo: andiamoci...non
è capitato e poi a volte penso che sognare un incontro è più piacevole
che realizzarlo...io vi avrei visto andare via con addosso la tristezza
per il tempo che se ne va.
Adesso non so più cosa dirvi, volevo solo farmi vivo e dirvi che vi
voglio bene per la piccola felicità che mi avete dato.
La prima pandemia mi ha sorpreso in una terra felice: di ritorno
dall'Uruguay (ecco, i viaggi che ci tengono lontani) sono atterrato a
Firenze nel giorno in cui l'Italia si è chiusa, l'11 di marzo
(preistoria), mia figlia mi ha recuperato all'aeroporto e io mi sono
trovato in una stanza-sgabuzzino a casa sua. Ho vissuto settanta giorni
in una piccola valle alle porte di Firenze. Ho camminato molto, ho
scritto, ho imparato (non è vero) a mungere le pecore. Ho vissuto con
tre ragazzi poco più che trentenni. Una bella botta di energia. La mia
'prima' pandemia è stata felice.
La seconda fase della pandemia è stata invece annunciata dalla quasi mia
morte. Mi trovavo a Padova da un giorno, per una conferenza e, nemmeno
fossi Berlinguer, non ho nemmeno cominciato il mio intervento, che sulla
mia testa è calata una mazza da baseball. Ma come Berlinguer porto a
termine il mio intervento senza nessuna coscienza di quello che stavo
dicendo. Emorragia cerebrale, sub-aracnoidea, dice il referto.
Inoperabile. Arteria irraggiungibile. E poi a ruota scompenso cardiaco,
polmonite, tromboflebite…il resto l'ho dimenticato. Insomma, non sono
morto, e questo appartiene alla categoria del caso, della preghiera, del
quasi miracolo. Nessuno ci avrebbe scommesso. L'arteria si è rappezzata
da sola, un fisioterapista albanese mi ha rimesso in piedi e ora sono a
casa di Daniela. Dove ho ricevuto la vostra mail. È già passato un mese
e mezzo da quando ho lasciato l'ospedale. Mi sento fragile come il pane
sardo e dilapido il tempo. Ogni tanto sbando. Ma non di questo volevo
scrivervi. Questo era il contesto.
Alle vostre domande non so rispondere. Cosa fai? Come vedi il futuro?
Come vivi questo momento? Aggiungerei: cosa desideri? A questo non posso
rispondervi. Magari ascoltare Stefano che suona Tom Waits o tornare al
1986 quando Maradona segnò quel gol...oppure altri desideri più immorali
e impossibili. Eppure se penso al secondo punto interrogativo: come vedi
il futuro? mi viene da scrivervi: sarà una bella baruffa, ma, tutto
sommato, voglio vedere se è vero che si cambia? Se è vero che cambio?
Non ne sono così sicuro, vorrei che tutto tornasse come prima (la mia
vita sgangherata, cambiare dieci letti ogni mese, nascondere le
incapacità dietro al muoversi sempre). Forse prenderei quella poesia di
Borges (che non di Borges) che dice: 'Commetterei più errori, mangerei
più gelati). Vorrei dirvi che vorrei camminare per capire se hanno
ragione quelli che ti dicono: 'camminare cambia la vita'. Forse
finalmente, troppo tardi mi deciderei a mettere su una casa che sentirei
come casa. Mi sembra assurdo: due ragazzi a cui sono molto legato (due
'figli') sono stati inghiottiti dalla guerra in Etiopia, io ho la testa
fragile e malconcia, fuori c'è il virus, eppure una storia piccola, come
la vostra lettera, il vostro messaggio di invito, mi ha messo addosso un
'desiderio' e di questo ve ne sono grato.
Scusatemi questo messaggio scombinato, ho l'alibi della ferita
all'arteria per giustificarmi. In realtà voglio solo dirvi che mi piace
seguire le vostre storie.
Un abbraccio
A.
LE VOSTRE RISPOSTE A "LA PAURA DEL VUOTO"
05/12/2020 FRANCESCA - GRAZIE...
05/12/2020 NOEMI
05/12/2020 CAMILLA
05/12/2020 GIULIANO - A Pasqui, Paola e al Teatro delle Ariette.
05/12/2020 GRETA
05/12/2020 PIERLUIGI
05/12/2020 CLAUDIA
05/12/2020 NERIO
05/12/2020 CARLA - PAURA DEL VUOTO
05/12/2020 GRETA - PAROLE NUOVE
05/12/2020 ILVA
05/12/2020 IRENE
05/12/2020 RAFFAELLA - RISPOSTA ALL'APPELLO!
05/12/2020 DUILIO
05/12/2020 DANIELA - MI MANCATE
06/12/2020 FERRO - UN GRANDE ABBRACCIO. FERRO
06/12/2020 STEFANO - IL BLUES DEL FONDITORE
06/12/2020 ANDREA
07/12/2020 ELIA
07/12/2020 LAURA
07/12/2020 DUILIO
08/12/2020 MARIA GIULIA - RISPONDENDO
08/12/2020 GERMANA - VI RISPONDO VOLENTIERI!
08/12/2020 VALENTINA - Risposta a La paura del vuoto di Valentina
08/12/2020 BARBARA - LIBRO DI LUISA
09/12/2020 MARCO
09/12/2020 DONATELLA - LIBRO DI LUISA
12/12/2020 LUISA
13/12/2020 STEFANIA
14/12/2020 ROSSELLA - UNA QUESTIONE DI RITMO
17/12/2020 VALENTINA - SALUTI DA PARIGI
18/12/2020 ANDREA
Cari Paola e Stefano e Maurizio,
questa volta non è una cartolina, ma parole che, purtroppo, non si possono
stropicciare. Non mi riuscirà nemmeno molto bene, si è inceppato il
meccanismo della scrittura.
Spero che vi ricordiate di noi. Una volta siamo arrivati alle Ariette
(quanti anni fa? Dieci, tanto per dire un numero?) con la scusa di
scrivere un articolo. Vi avevamo incontrati un po' di tempo prima in
montagna, in val di Sella, un 'concerto' con Gianmaria Testa. Fu una
piccola folgorazione. C'era anche Tom Waits? E allora mi dissi che
dovevo conoscervi e io, purtroppo, non conoscevo altra scusa che
chiedervi di poter scrivere su di voi. Potrei anche cercare quel vecchio
articolo. Vidi le cartoline appese alle pareti. Anche io adoro le
cartoline, le cartoline sono davvero un impegno: devi trovarle (niente
facile), cercare i francobolli (impresa difficile), e forse anche andare
alla posta...insomma le cartoline sono un affetto sincero...poi il caso
volle (a volte il caso è sorella e fratello) che ci trovammo, per caso,
in luoghi distanti: Veneto, San Mauro Forte, là vicino a Parigi.
Insomma, abbiamo mangiato più volte assieme, le tagliatelle, siamo
venuti alcune volte nella vostra valle...poi come sempre accade ci siamo
un po'perduti, i legami si allentano, arrivano le rughe e la stanchezza,
ma il cuore batte e il ricordo pure. Anche ieri vi ho spedito una
cartolina. Una cartolina che ha aspettato molto...la nostalgia, anzi, la
saudade, è ben viva. E' che negli ultimi anni siamo vissuti lontani: noi
a Matera, voi in Emilia. Troppi chilometri. Ma ogni volta che arrivava
un vostro avvertimento: a dicembre siamo qui...pensavo: andiamoci...non
è capitato e poi a volte penso che sognare un incontro è più piacevole
che realizzarlo...io vi avrei visto andare via con addosso la tristezza
per il tempo che se ne va.
Adesso non so più cosa dirvi, volevo solo farmi vivo e dirvi che vi
voglio bene per la piccola felicità che mi avete dato.
La prima pandemia mi ha sorpreso in una terra felice: di ritorno
dall'Uruguay (ecco, i viaggi che ci tengono lontani) sono atterrato a
Firenze nel giorno in cui l'Italia si è chiusa, l'11 di marzo
(preistoria), mia figlia mi ha recuperato all'aeroporto e io mi sono
trovato in una stanza-sgabuzzino a casa sua. Ho vissuto settanta giorni
in una piccola valle alle porte di Firenze. Ho camminato molto, ho
scritto, ho imparato (non è vero) a mungere le pecore. Ho vissuto con
tre ragazzi poco più che trentenni. Una bella botta di energia. La mia
'prima' pandemia è stata felice.
La seconda fase della pandemia è stata invece annunciata dalla quasi mia
morte. Mi trovavo a Padova da un giorno, per una conferenza e, nemmeno
fossi Berlinguer, non ho nemmeno cominciato il mio intervento, che sulla
mia testa è calata una mazza da baseball. Ma come Berlinguer porto a
termine il mio intervento senza nessuna coscienza di quello che stavo
dicendo. Emorragia cerebrale, sub-aracnoidea, dice il referto.
Inoperabile. Arteria irraggiungibile. E poi a ruota scompenso cardiaco,
polmonite, tromboflebite…il resto l'ho dimenticato. Insomma, non sono
morto, e questo appartiene alla categoria del caso, della preghiera, del
quasi miracolo. Nessuno ci avrebbe scommesso. L'arteria si è rappezzata
da sola, un fisioterapista albanese mi ha rimesso in piedi e ora sono a
casa di Daniela. Dove ho ricevuto la vostra mail. È già passato un mese
e mezzo da quando ho lasciato l'ospedale. Mi sento fragile come il pane
sardo e dilapido il tempo. Ogni tanto sbando. Ma non di questo volevo
scrivervi. Questo era il contesto.
Alle vostre domande non so rispondere. Cosa fai? Come vedi il futuro?
Come vivi questo momento? Aggiungerei: cosa desideri? A questo non posso
rispondervi. Magari ascoltare Stefano che suona Tom Waits o tornare al
1986 quando Maradona segnò quel gol...oppure altri desideri più immorali
e impossibili. Eppure se penso al secondo punto interrogativo: come vedi
il futuro? mi viene da scrivervi: sarà una bella baruffa, ma, tutto
sommato, voglio vedere se è vero che si cambia? Se è vero che cambio?
Non ne sono così sicuro, vorrei che tutto tornasse come prima (la mia
vita sgangherata, cambiare dieci letti ogni mese, nascondere le
incapacità dietro al muoversi sempre). Forse prenderei quella poesia di
Borges (che non di Borges) che dice: 'Commetterei più errori, mangerei
più gelati). Vorrei dirvi che vorrei camminare per capire se hanno
ragione quelli che ti dicono: 'camminare cambia la vita'. Forse
finalmente, troppo tardi mi deciderei a mettere su una casa che sentirei
come casa. Mi sembra assurdo: due ragazzi a cui sono molto legato (due
'figli') sono stati inghiottiti dalla guerra in Etiopia, io ho la testa
fragile e malconcia, fuori c'è il virus, eppure una storia piccola, come
la vostra lettera, il vostro messaggio di invito, mi ha messo addosso un
'desiderio' e di questo ve ne sono grato.
Scusatemi questo messaggio scombinato, ho l'alibi della ferita
all'arteria per giustificarmi. In realtà voglio solo dirvi che mi piace
seguire le vostre storie.
Un abbraccio
A.
LE VOSTRE RISPOSTE A "LA PAURA DEL VUOTO"
05/12/2020 FRANCESCA - GRAZIE...
05/12/2020 NOEMI
05/12/2020 CAMILLA
05/12/2020 GIULIANO - A Pasqui, Paola e al Teatro delle Ariette.
05/12/2020 GRETA
05/12/2020 PIERLUIGI
05/12/2020 CLAUDIA
05/12/2020 NERIO
05/12/2020 CARLA - PAURA DEL VUOTO
05/12/2020 GRETA - PAROLE NUOVE
05/12/2020 ILVA
05/12/2020 IRENE
05/12/2020 RAFFAELLA - RISPOSTA ALL'APPELLO!
05/12/2020 DUILIO
05/12/2020 DANIELA - MI MANCATE
06/12/2020 FERRO - UN GRANDE ABBRACCIO. FERRO
06/12/2020 STEFANO - IL BLUES DEL FONDITORE
06/12/2020 ANDREA
07/12/2020 ELIA
07/12/2020 LAURA
07/12/2020 DUILIO
08/12/2020 MARIA GIULIA - RISPONDENDO
08/12/2020 GERMANA - VI RISPONDO VOLENTIERI!
08/12/2020 VALENTINA - Risposta a La paura del vuoto di Valentina
08/12/2020 BARBARA - LIBRO DI LUISA
09/12/2020 MARCO
09/12/2020 DONATELLA - LIBRO DI LUISA
12/12/2020 LUISA
13/12/2020 STEFANIA
14/12/2020 ROSSELLA - UNA QUESTIONE DI RITMO
17/12/2020 VALENTINA - SALUTI DA PARIGI
18/12/2020 ANDREA