05/12/2020
DUILIO


Carissimi,
è sempre una gioia leggervi,
Vorrei innanzitutto comunicarvi che i miei amici di Vicenza ne sono usciti la settimana scorsa e hanno anche ripreso il lavoro.
Poi volevo raccontarvi anche io della mia "paura del vuoto".
Da bambino non avevo le vertigini, ma paura che mi venissero; al mare, andando sul molo, me ne stavo sempre dalla parte del muro per timore di cadere o che mi venissero le vertigini e cadere in mare.
E ciò nonostante che ci fosse il mio papà, bagnino e maestro di nuoto, che poveretto non è riuscito a farmi imparare a nuotare (ma questa è un'altra storia).
Nemmeno il mio papà riusciva a rassicurarmi che non v'era pericolo e vedermi rasentare il muro, sul molo che è largo almeno 2 - 3 metri, allora che avrò avuto 8-10 anni era quasi incomprensibile: ma doveva rassegnarsi alla mia indisponibilità; poi, arrivati in cima al molo, allora mi spingevo fino all'estrema punta di questo (stando ben attento a che non ci fosse nessuno a distanza da me) per vedere l'acqua azzurra del mare che si infrangeva sulla punta del molo: il molo è a punta di 90 gradi, e privo di parapetto o protezioni.
Invariabilmente, al ritorno riprendevo a rasentare il muro e a dover spiegare quel comportamento. Certo, l'acqua del canale del molo era marrone e spesso sozza, ma il canale sfociava nel mare così come il mare entrava nel canale del molo, e a volte l'acqua della punta del molo era sozza quanto quella del canale. Non ci si riusciva a raccapezzare delle mie paure.
Anche da ragazzino, sui 14 -15 anni, andando dalla nonna col motorino in compagnia di un amico molto meno pauroso di me (lui sapeva nuotare e nel canale di quel molo ci si tuffava), io me ne stavo in disparte rasente il muro, e poi invece mi spingevo fino alla punta chiedendo al mio amico di starmi a debita distanza, che se si fosse avvicinato mi sarebbero potute venire le vertigini e cadere.
Nessuno ha mai osato contravvenire a quei mio desidero di non avvicinarsi quando ero in punta al molo.
In seguito le cose cambiarono; crescendo, una volta mi ritrovai a camminare sul bordo del molo dalla parte del canale, saltare i piantoni d'ormeggio, o le scalette di risalita; e raggiungere la punta dal molo con altre persone (amici o la mia compagna).
Non so dire cosa fosse accaduto: allora pensavo che la mia maturazione fosse che mi stavo disimborghesendo; ma in seguito, che mi sono davvero imborghesito, non ho più avuta quella paura; fino a circa 20 anni fa.
Poi, non so come e nemmeno perché, ho ripreso a temere il molo, le cenge e gli strapiombi, anche quelli che ho sfidato e percorso oltre 20 anni fa.
E non andrei certo a sistemare i coppi del tetto, nemmeno se mi cingessi con una solida corda di sicurezza.
Recentemente ho fatto sistemare la ringhiera del terrazzo che dà sul corsello dei garage: quando mi tentavo di avvicinarmi al bordo del terrazzo, privo della ringhiera, per mettermi alla prova, non riuscivo ad avvicinarmi al bordo a meno di 30 - 40 centimetri; e per guardare i fiori di sotto (a meno di 3 mt di altezza) ho dovuto attendere che rimettessero la ringhiera.
Mi pare che sia così, che certe "paure" vanno e vengono, o restano o non vengono nemmeno, senza che ci si riesca a dare una spiegazione.
O forse, una qualche idea ce l'ho, ma non ho la voglia di esplicitarla; anche perché temo che sia del pari dell'essermi imborghesito o disimborghesito, che è sempre stata una pseudo-spiegazione.
**********
Qualche settimana fa sono andato a portare della spesa a Valeria; lei stava seguendo una sua lezione universitaria a distanza, e nel breve lasso di entrare con le sporte, ho udito dal professore la frase "le società tutte hanno bisogno del sacro". Boh, mi sono domandato. Forse per far comprendere meglio la pregnanza del concetto, il professore avrebbe scritto "Sacro", o magari "SACRO". Ma poi, io quel bisogno non lo sento. Io non mi sento di dover dipendere da pseudo-verità, da pseudo-affermazioni. Posso anche aderire a una di queste, magari per molto tempo. Ma avendone condivisa qualcuna, mi sento ora di dovermene tenere alla larga.
Ma rimane una buona dose di scetticismo nei confronti delle certezze; la 'fede' prende il posto di una lenta maturazione fatta di raffronti tra spiegazioni-narrazioni non sempre confliggenti, difficili da discernere. Il 'rito' è solo uno dei modi di evitare di dover fare quei raffronti, e magari anche di non doversi confrontare con coloro che non vogliono che le loro certezze siano oggetto di raffronto.
Ma, anche l'incontro potrebbe diventare un rito. Beh, mi sforzerò di non farlo diventare tale, per quel che potrò.
***********
Vi ringrazio anche questa volta dell'occasione che mi ha portato a scrivere.
Un caro saluto,
Duilio

LE VOSTRE RISPOSTE A "LA PAURA DEL VUOTO"

05/12/2020 FRANCESCA - GRAZIE...
05/12/2020 NOEMI
05/12/2020 CAMILLA
05/12/2020 GIULIANO - A Pasqui, Paola e al Teatro delle Ariette.
05/12/2020 GRETA
05/12/2020 PIERLUIGI
05/12/2020 CLAUDIA
05/12/2020 NERIO
05/12/2020 CARLA - PAURA DEL VUOTO
05/12/2020 GRETA - PAROLE NUOVE
05/12/2020 ILVA
05/12/2020 IRENE
05/12/2020 RAFFAELLA - RISPOSTA ALL'APPELLO!
05/12/2020 DUILIO
05/12/2020 DANIELA - MI MANCATE
06/12/2020 FERRO - UN GRANDE ABBRACCIO. FERRO
06/12/2020 STEFANO - IL BLUES DEL FONDITORE
06/12/2020 ANDREA
07/12/2020 ELIA
07/12/2020 LAURA
07/12/2020 DUILIO
08/12/2020 MARIA GIULIA - RISPONDENDO
08/12/2020 GERMANA - VI RISPONDO VOLENTIERI!
08/12/2020 VALENTINA - Risposta a La paura del vuoto di Valentina
08/12/2020 BARBARA - LIBRO DI LUISA
09/12/2020 MARCO
09/12/2020 DONATELLA - LIBRO DI LUISA
12/12/2020 LUISA
13/12/2020 STEFANIA
14/12/2020 ROSSELLA - UNA QUESTIONE DI RITMO
17/12/2020 VALENTINA - SALUTI DA PARIGI
18/12/2020 ANDREA